Le dieci regole sacre della Scuola Scacchi Veturia
da leggere con attenzione prima di iniziare il percorso
- Correttezza. La correttezza viene prima di tutto. E’ infinitamente meglio perdere che vincere disonestamente o anche solo speculando sul regolamento. Viceversa se l’avversario si comporta scorrettamente ma entro certi limiti l’allievo deve trattenersi e sforzarsi di mantenere la concentrazione ignorando certi comportamenti, oltre certi limiti deve alzare la mano e chiamare l’arbitro. Qualsiasi sia la decisione deve accettarla. Se la decisione dovesse rivelarsi ingiusta allora l’allievo deve comunque rimanere sereno ricordandosi che il risultato di una singola partita non potrà mai interferire con il suo percorso che non si sofferma mai sul presente ma è sempre proiettato al futuro. Infine l’allievo deve sempre valorizzare le vittorie del suo avversario, stringendo la mano e senza mai far mancare il sorriso.
- Vietato proporre patta. E’ severamente vietato proporre patta! Le partite vanno sempre giocate fino in fondo, alla morte. Ciò garantisce la crescita del gioco in ogni sua fase e principalmente nel finale. Il ragazzo diventa decisamente più forte e proprio nelle posizioni più sterili può far valere la sua tecnica. Ciò garantisce inoltre l’abbattimento di ogni paura dell’allievo che non potrà mai evitare le sue responsabilità, chiudendo l’ansia della sfida con una fuga prematura. Infine viene valorizzato il rispetto da parte sua nei confronti dell’insegnante e dei genitori che non devono mai pretendere dal proprio figlio il risultato ma assolutamente sì, l’impegno. Anche di fronte alla richiesta di patta l’allievo deve abituarsi ad opporre un secco rifiuto… naturalmente in questo caso con la rara eccezione che la posizione non venga considerata da lui particolarmente sfavorevole. Il contrasto della Scuola Scacchi Veturia nei confronti della patta d’accordo non va comunque confuso con il rifiuto della patta in termini generali. Ciò che si pretende è che la partita non finisca anzitempo e in maniera artificiale ma ovviamente ogni patta d’altro tipo è assolutamente considerata valida, così ad esempio la patta per ripetizione, lo scacco perpetuo, lo stallo, la regola delle 50 mosse e l’insufficienza di materiale. Questi sono tutti epiloghi ovviamente accettabili. L’obiettivo insomma non è esattamente la propensione a vincere a tutti i costi ma piuttosto quella di… giocare a tutti i costi!
- Rispettare il repertorio. L’allievo deve rispettare rigorosamente il repertorio stabilito, che non sarà mai rigido e fine a se stesso ma viceversa varierà di torneo in torneo. Molti giocatori durante il loro percorso di apprendimento tendono a focalizzarsi su una sola apertura. Questo perché ciò accresce la loro conoscenza ed esperienza in quel particolare mondo nel quale si sentono via via più sicuri esperti ed anzi piuttosto temibili. Ciò naturalmente è un grave errore nella crescita complessiva dell’allievo ed è un vicolo cieco che Veturia vieta nel modo più rigoroso. Durante il percorso d’insegnamento i ragazzi avranno modo di conoscere non un solo modo di impostare il gioco ma tutti senza distinzione alcuna. E non giocheranno perciò una sola apertura ma gradualmente avranno modo di conoscerle tutte secondo un percorso che inizierà dalla tattica elementare e i giochi aperti per concludersi con la strategia più profonda e i giochi chiusi. Nessuna apertura verrà sottovalutata ed esclusa e ancora meno ci si soffermerà eternamente su un solo modo di giocare. Il ragazzo si ritroverà perciò con una visione ampia e completa del gioco e già in un paio d’anni avrà un ventaglio di aperture tra le mani tra cui potrà scegliere le sue preferite per i campionati di particolare rilevanza mentre per altri tornei il repertorio verrà imposto dal Maestro in linea con il particolare argomento affrontato nelle lezioni. Il ragazzo dovrà perciò spesso buttarsi in veri e propri mondi in cui l’unica bussola saranno le indicazioni tematiche dell’insegnante. Al contrario la teoria manualistica verrà spesso invisa e ridotta all’osso onde evitare condizionamenti e rallentamenti alla creatività dell’allievo.
- Abbattere le paure. Esorcizzare la paura andando sempre, precisamente, incontro alle proprie fobie scacchistiche. L’esempio più grande è quello del torneo di fascia. Spesso soprattutto ai ragazzi capita di entrare in una forbice tra due tornei con sbarramento e un diverso raggruppamento di forza. Qui possono accadere due cose, l’allievo vuole giocare il torneo più debole perché non se la sente di misurarsi con i giocatori più forti e magari sente una necessità intrinseca di vincere un po’ di più. Oppure, avvenimento questo più comune, l’allievo vuole giocare il torneo più forte, non per stimolo o coraggio, ma viceversa per fuggire al giudizio ed eventualmente al confronto con avversari della propria forza. In entrambi i casi c’è un danno alla crescita e alla maturità dell’allievo. Compito dell’insegnante è precisamente quello di individuare il torneo inviso al ragazzo e lì, proprio lì, farlo giocare. Altri esempi di paure possono essere legati alla dipendenza alla teoria o al motore, possono riguardare l’esposizione a tornei con i riflettori puntati, altre paure possono essere condizionate alla sensazione di non farcela, difficoltà temute e all’apparenza insormontabili. In tutti i casi l’insegnante opera inappellabilmente per il bene dell’allievo pur andando contro ai suoi desideri immediati.
- La morte dell’elo e l’elogio della sconfitta. L’elo non ha alcun valore se non un valore negativo e il ragazzo non deve perciò prestargli alcuna attenzione. Pensare all’elo significa condizionare pesantemente le proprie decisioni nella crescita in generale e più di quanto si pensi anche le proprie mosse in una partita singola, spesso danneggiandola in termini di valore ed incatenando l’iniziativa e le novità apprese. L’allievo deve giocare sempre a briglie sciolte, talvolta rischiando pur di mettere a punto le nuove conoscenze (nuove aperture, nuovo modo d’interpretare la partita etc.) se egli è condizionato dal risultato e ancora peggio dal punteggio elo è molto difficile per lui affrontare nuove strade dove è assai più probabile la sconfitta ma allo stesso tempo anche la crescita e lo sviluppo della propria conoscenza. L’obiettivo della Scuola Scacchi Veturia non è mai quello di far vincere l’allievo nell’immediato ma è soprattutto quello di farlo diventare più forte in futuro. Si ribadisce il concetto secondo cui non bisogna mai soffermarsi al presente ma sempre essere proiettati in avanti.
- Il gruppo. L’allievo non è mai da solo ma sempre inserito in un gruppo dove è fondamentale l’aiuto reciproco e la crescita complessiva a mezzo del passaggio delle proprie conoscenze. In Veturia vengono inseriti i simpatici ruoli di “Protettore e protetto” attraverso una scala che è riferita alla forza ma anche all’età. Il più bravo deve sempre preoccuparsi di come sta crescendo il meno bravo e così via sino a garantire una protezione anche per il più piccolo e alle prime armi. Non deve essere solo l’insegnante insomma a preoccuparsi della crescita dell’allievo, ma saranno spesso proprio gli allievi ad occuparsi di sé medesimi. Per questo sarà meglio partecipare ad eventi e tornei insieme e in quelli principali come stage e Nazionali l’unione diverrà perciò imprescindibile, dal quartier generale dove ci si prepara, ci si allena, si mangia, dorme e ci si fa forza tutti insieme sino al torneo e alla scacchiera dove sapremo di non essere mai soli ma sempre comunque uniti. In tutte le competizioni risulterà dunque importante informarsi dei risultati dei propri compagni e chiedere l’analisi di gruppo della partita. Il singolo deve pensare agli altri prima che a se stesso. D’acchito gli parrà uno svantaggio ma nel lungo periodo garantirà la migliore delle crescite possibili.
- La responsabilità. Veturia vuole nel più breve tempo possibile un alto livello di maturità da parte dell’allievo. Egli deve rendersi conto del sacrificio che gravita attorno a lui e in particolare dell’impegno da parte dei genitori. Non è richiesta la vittoria. Questa non è sinonimo di maturità o responsabilità. Anzi spesso la ricerca della vittoria a tutti i costi infrange proprio questi valori. Ciò che è richiesto è il medesimo impegno che ruota attorno a lui. Il ragazzo sa che accanto al prendere deve arrivare prima o poi il dare. All’inizio questi si esplica seguendo le indicazioni del maestro, svolgendo i suoi compiti, dimostrando disciplina durante le lezioni, evitando le patte d’accordo nei tornei e cercando di giocare le partite sino in fondo. Nel momento in cui il ragazzo diventa un campione la sua responsabilità risiede nell’auto alimentare finché possibile le proprie lezioni e il proprio percorso. Veturia invita i ragazzi più forti a realizzare delle simultanee nelle scuole e nei circoli, a rendersi parte dell’insieme con il lavoro concependo il concetto di professionalità che è dall’altra parte della barricata. Importante perciò sarà in ogni ambito la cura della propria immagine, l’uso delle proprie parole e la permanente solidarietà nei confronti di chi lo circonda.
- L’impegno. E’ molto importante che l’allievo si adoperi con continuità e determinazione nello svolgere i compiti che gli saranno assegnati. L’insegnante si interfaccerà con il genitore per rendersi consapevole dei suoi tempi e delle possibilità nell’applicazione. Forzati saranno un certo numero di tornei all’anno. E naturalmente la partecipazione agli stage per la crescita della tecnica in finale altrimenti impossibile nelle lezioni individuali. Infine sarà richiesta una cura costante del proprio quadernino e l’esercizio seppur faticoso delle analisi e delle partite alla cieca.
- La socialità. Veturia è principalemente una scuola di scacchi. I ragazzi però non appartengono esclusivamente a questo insieme. Anzi, al contrario Veturia è un team proprio al servizio di altre realtà e con lo scopo di favorirne la crescita. Una richiesta imprtante ai ragazzi è quella di non estrapolarsi da quegli ambienti in cui vengono inseriti creando sempre e comunque un’unione e una socialità con i suoi componenti. Questo vale per il proprio circolo di appartenenza ma non solo! Vale per il rapporto con la scuola, con la propria provincia, la propria regione, la propria federazione etc.. In diverse circostanze il ragazzo viene inserito in una squadra da cui si auspica egli metta alla prova e ampli quei dettami di unione e appartenenza propri della scuola Veturia, rendendosi sempre vigile della sorte dei compagni e nella fattispecie nuovi compagni. Importante che l’allievo valorizzi l’apporto che il suo circolo o il suo comitato regionale o la sua federazione gli ha offerto, partecipando quando possibile alle sue iniziative, dichiarando il proprio apprezzamento quando questi viene interpellato da amici o nelle interviste.
- L’autorità del Maestro. L’autorità del Maestro è forse la regola più importante e allo stesso tempo delicata tra le dieci, da un certo punto di vista riassume tutte le altre e non può per questo essere messa in discussione. Come si può notare dai punti precedenti ci sono molti aspetti in ambito scacchistico che l’insegnante conosce e che invece sono oscuri all’allievo o ai genitori. Perché la crescita sia favorita in maniera ottimale è necessario che si crei un rapporto di fiducia assoluta con il proprio maestro in modo che la strada sia libera e percorribile, che si possa procedere senza intoppi o retromarce e tutto ciò in quanto molto semplicemente egli molto spesso vede laddove loro non possono vedere. E’ il principio di dare la cera e togliere la cera. Maestro dice allievo fa, nessuna domanda. Il ragazzo deve imparare a creare un muro tra lui e le voci che dall’esterno mettono in dubbio il percorso, lo attaccano o spesso lo irridono. Queste voci possono provenire da fonti diverse, altri ragazzi, altri insegnanti persino dai genitori che in alcuni momenti possono essere assillati dal dubbio. Quanto più forte e solido è lo scudo tanto più rapido e sicuro si svilupperà il percorso. Viceversa soggiacere alle voci significa abbattere il lavoro fin lì costruito con il Maestro spesso annichilendo il sacrificio di giorni, mesi, anni. Naturalmente non è sbagliato essere aperti a nuovi consigli ed anzi come sottolineato in precedenza sono visti con favore nouovi rapporti e nuovi stimoli per la crescita dei ragazzi. Ma è necessario che ci sia sempre un punto di riferimento preciso, una bussola inviolabile, in particolare quando le nuove indicazioni cocciano con quelle dell’autorità di base. L’allievo e il genitore hanno il diritto di non credere al Maestro, il genitore in particolare può manifestare tutti i suoi dubbi. Ma se dopo i chiarimenti i dubbi persistono la bussola di partenza non ha più effetto ed è lì che il ragazzo e il genitore dovrebbero cercare un’altra strada, un altro chef per la loro amata cucina. Sulla base di quanto è stato detto è fondamentale che il ragazzo non abbia dubbi su chi sia il suo allenatore e quando interpellato con gli amici o nelle interviste egli non abbia esitazioni a dichiarare anzitutto lui come riferimento. Sia chiaro, lui (!) e non l’insegnante di gruppo del circolo, quello dello stage, l’autore di un libro che ha appena letto, l’accompagnatore ai campionati mondiali, nonna Pina che gli ha insegnato a muovere i pezzi!! Questo sembra ovvio ma dietro quest’ovvietà ci sono almeno due ragioni preziose e necessarie: da una parte una doverosa giustizia nei confronti del proprio insegnante che fin lì si è adoperato, dall’altra non attribuire ad altri eventuali insuccessi o dogmi propri della sua scuola di cui egli è il solo responsabile. Se l’allievo poi vuole fare riferimento ad altre persone per lui care nel mondo degli scacchi, naturalmente può ma specificando il contesto e naturalmente gratificando l’origine di quello specifico supporto, (famiglia, circolo, federazione).
Insomma, la partita a scacchi continua anche dopo lo scacco matto 🙂